Acclamata dal pubblico come grande ritorno sullo schermo, la quarta parte della serie Star Wars Obi-Wan Kenobi ha suscitato elementi positivi e di interesse nei fan della serie così come punti di domanda a sfavore di quest’ultima.
Questa volta a suscitare la nostra malinconia per il personaggio di Ben Kenobi è un iniziale parallelismo all’agonia e sofferenza della controparte Darth Vader, entrambi in stasi in una vasca di Bacta in due differenti punti della galassia (Jabiim e Mustafar), sofferenti per ferite esterne e soprattutto interne. Probabilmente il momento clou dell’episodio e anche il più emotivo, sebbene si presenti già nella parte primaria delle situazioni di pericolo a cui il nostro Obi-Wan incomberà poco dopo.

Sfinito e, ancor più, traumatizzato non riesce a sfuggire ai continui sensi di colpa nei confronti dell’allievo Anakin Skywalker, abbandonato a sé stesso sulla bollente Mustafar da qualcuno che un tempo reputava maestro e soprattutto ”fratello”. Non c’è da stupirsi se l’un tempo generale Kenobi sia tornato più invecchiato e arrugginito che mai, non avendo incontrato neppure un attimo di pace dai suoi demoni del passato, rifugiato in sé stesso e nei suoi fallimenti verso i suoi cari e l’ordine Jedi che tempo addietro lo acclamava. Ma mentre le ustioni sono piuttosto gravi, Anakin rimane la sua ferita più profonda. In una straziante scena di dolore fisico ed emotivo, tracciato dalle ferite ustionanti riportate dal loro ultimo incontro, i due sembrano essere connessi dalla forza, percependo l’uno l’altro.
Questo, probabilmente, è il fattore culminante che apre nuovamente ad Obi-Wan la strada verso una riconciliazione con la Forza.
Sebbene questa sia stata una scena cinematografica di tutto punto e ben attesa dal pubblico, i successivi pareri discordanti di quest’ultimo portano a chiedersi se il resto dell’episodio fosse necessario o se avesse bisogno di maggior tempistica nel suo svolgersi.
Notiamo da subito come la disperata necessità di Ben Kenobi nel portare in salvo Leia coinvolga altre persone: Roken (interpretato da O’Shea Jackson Jr.),Wade e Sully. Il loro aiuto è fondamentale per il Jedi, che sta cercando nuovamente di dare un senso alla sua vita e al suo valore dai tempi ormai andati ma non perduti. Tutto ciò è da apprezzare, date le numerose critiche al precedente episodio durante il primo (ma non ultimo) scontro diretto con Vader in persona, data la mancanza di allenamento fisico e mentale da parte dell’invecchiato Kenobi, che però non tende a mollare e si impegna con le poche forze rimanenti a ”riprendere la mano” nel combattimento e nell’utilizzo della forza.
I dieci anni passati a brancolare nel caldo deserto di Tatooine sono tanti e nemmeno da sottovalutare, neanche per un maestro jedi come Obi-Wan. Ma, come citato da lui stesso:
”Certe cose non si dimenticano…”
E si, come ci mostrano i rimanenti minuti dell’episodio, certe cose son proprio difficili da scordare. Forse saranno state le preghiere dei fan, forse bisognava effettivamente dargli tempo, una chance in più per il suo ritorno. Tutto sommato, chi un tempo era fra i più grandi dei Jedi doveva forse prima scaldarsi un po’.
Ed ecco che i rimanenti attimi ci mostrano un Ben Kenobi alle prese con un faccia-a-faccia con sé stesso, il maestro che era e che vive ancora dentro di lui. Un Obi-Wan che brandisce una spada laser come si deve, senza timore o accenni di terrore nel suo volto. Una totale sicurezza in sé che lo riporta quasi indietro nel tempo. Quello che i fan si aspettavano di vedere… e quello che Vader temeva.

Obi-Wan ha finalmente ottenuto la sua scena epica nel corridoio (ormai classica nel franchise dopo la famosa scenografia con protagonista Vader in Rogue One e quella in The Mandalorian con protagonista Luke) deviando i colpi di blaster e abbattendo i soldati con una maestria che sembrava ormai lontana. Così come il suo tipico stile di combattimento, che ha riportato in noi i ricordi risalenti a l’Attacco dei Cloni, La Vendetta dei Sith e a The Clone Wars.
Nel mentre (pochi attimi prima della soddisfacente risalita di stile del maestro Obi-Wan, che ha portato al salvataggio della piccola) Leia è stata interrogata dall’inquisitrice Reva che, ormai sul punto di essere disposta a tutto per assicurarsi la cattura di Kenobi, in un certo momento sembra quasi aprirsi sul suo difficile passato con la piccola principessa di Alderaan. Un momento, forse, chiave che potrebbe essere la prova definitiva del suo trascorso passato da youngling.
Non ci sarebbe, d’altro canto, da stupirsi se la giovane Terza Sorella non fosse in realtà una dei piccoli allievi mostrati nel primo episodio della stagione, durante un doloroso flashback dell’Ordine 66 al Tempio Jedi.

“Anche io ho perso tutto. Nessuno di loro verrà per te.”
Sono le parole forti e dure che rivolge alla piccola Leia. E qui c’è da domandarsi: faceva parte del piano per estorcere a quest’ultima la posizione dei ribelli, o sotto quella durezza stava esprimendo un rimpianto verso i Jedi e l’essere stata abbandonata? Speriamo un po’ tutti di poterne sapere di più al riguardo, sebbene manchino solo due episodi al finire della stagione.
Nel frattempo, la sua ancora una volta ”sconfitta” nel catturare Obi-Wan fa pressione sulla pazienza di Lord Vader, stanco dell’insufficiente lavoro dell’inquisitrice ma disposto a darle un’ulteriore possibilità. Il personaggio della Terza Sorella (l’attrice Moses Ingram) continua a far parlare di sé, nascondendo forse, un motivo più in là della semplice scalata al potere.
Nonostante l’episodio sia su Disney+, non mancano (come invece si può pensare) atti visivi di pura crudeltà, mostrando alla luce dei fatti di cosa è capace l’Impero. Una scena disturbante e acerba da vedere e da ricordare, ai limiti dell’impensabile per il target che Disney, in questa manciata di episodi, ci sta proponendo: La fortezza degli Inquisitori, sulla luna oceanica Nur, spiaggiata nel sistema solare di Mustafar, non è soltanto una ”base inespugnabile” dell’Impero, ma si rivela essere una tomba per Jedi. Rivelazione shock quella di questo episodio, che ci lascia con la mandibola penzolante per i minuti a seguire. Quindi si, prodotto Disney ma fino a un certo punto.

Eppure, sebbene le forti rivelazioni ricevute e conferme accertate (come anche la capacità di Leia di schernire la lettura mentale fatta da Reva, dimostrando la sua sensibilità alla forza e confermando il perché Vader non sia riuscito a leggere nella sua mente nella Trilogia Originale) certe pecche hanno avuto voce in capitolo. La brevità del quarto capitolo della saga porta ad un certo malcontento, scaturito dallo già scarso numero di episodi. Al tutto si aggiunge qualche piccolo dettaglio, quale il buffo modo di portar via Leia dalla fortezza, nascondendola in bella vista sotto il proprio mantello, incapacitando i fan di come tra le centinaia di Stormtrooper e Ufficiali presenti sul ponte nessuno se ne accorga.
Ma a calmare le acque della critica, si presenta la scena finale dell’episodio, il tocco tenero e sentimentale che fa chiudere un occhio alle piccole pecche. La consolidazione di un rapporto fondamentale nell’universo di Star Wars, che darà il via all’inizio di tutto. L’affetto della piccola Organa verso l’invecchiato Jedi, ormai stanco, che si ritrova a stringere la mano della bambina che probabilmente ha di nuovo dato un senso al suo nome.