La ricerca dell’equilibrio in Star Wars
Uno dei concetti più importanti nella saga creata da George Lucas è l’Equilibrio nella Forza. Tale Equilibrio che in troppi, concepiscono come parità numerica tra Jedi e Sith e non come una visione filosofica di bene e male.
“Ho sentito come una perturbazione nella Forza“. Per Obi-Wan Kenobi in Star Wars: Una nuova speranza, questa perturbazione è stata causata dalla distruzione di Alderaan. L’Imperatore in Star Wars: L’Impero colpisce ancora, sente un disturbo nella Forza in cui percepisce che Luke Skywalker può rappresentare una minaccia per i suoi piani. In Star Wars: La vendetta dei Sith è Yoda a percepire il massacro dei Jedi in tutta la galassia durante l’esecuzione dell’ordine 66. Ne Il risveglio della forza, è il leader supremo Snoke che percepisce il risveglio di Rey ed è Leia che avverte la morte di Han. Mentre in Rogue One è Chirrut a percepire la collana di Jyn Erso formata da cristalli Kyber (e mi piacerebbe pensare che siano anche Yoda, Obi-Wan a percepire la distruzione di Jedha).
Ciò significa che sia Jedi che Sith (e persone sensibili alla forza come Chirrut) possono percepire che la Forza sia stata stata “disturbata”.
La Profezia
Nessuno dei personaggi sopra citati ha la stessa sensazione riguardo la Forza, ma per quanto riguarda il significato, probabilmente il tutto ha a che fare con il concetto di equilibrio stesso. In particolare, con la Forza che periodicamente sperimenta un nuovo squilibrio, come l’emergere o l’estinzione di una vita (spesso significativa). Dopotutto, tu piccolo Padawan che stai leggendo questo articolo, conosci perfettamente la citazione “Dovevi portare equilibrio nella Forza: non lasciarla nelle tenebre”, giusto?

Secondo il creatore di Star Wars George Lucas, La Forza è stata finalmente bilanciata nella narrativa di Star Wars quando Darth Vader avrebbe concluso il suo compito da prescelto, adempiendo quindi alla profezia, uccidendo l’Imperatore alla fine di Il Ritorno dello Jedi.
Questo rispecchierebbe sicuramente l’idea iniziale di Lucas, ma non si adatta perfettamente alla narrativa più ampia, specialmente per quanto riguarda il Problema del Male, ovvero il dilemma filosofico che cerca di capire del perché il male esiste.
Ovviamente, il nostro obiettivo non è risolvere il problema del male, ma è quello di vedere come viene descritta l’idea che la Forza sia bilanciata. Ricordiamo anche evidenziato come mentre gli ordini Jedi e Sith sono considerati religioni nella logica narrativa (con tutti i rigidi dogmi, codici e voti), non c’è mai alcuna menzione di un “Dio” Jedi o di un “Dio” Sith.

In nessuno dei film o romanzi vi è menzione di divinità (nemmeno Yoda o Darth Plagueis, per tutto il loro potere divino, sono indicati come tali).
Cosa ne pensa papà George?
Ad essere onesti, non credo che George Lucas stesse cercando di creare un pantheon di dei galattici per illustrare e discutere il problema del male. Tuttavia, è divertente rimuginare e data la natura del lato oscuro, vale la pena indagare su come la Forza bilancia le cose per quanto riguarda il Problema del male.

Per entrare meglio nel discorso, è opportuno dare un’occhiata ad un paio di definizioni che Lucas stesso dà al rapporto tra Luce ed Oscurità nella saga:
“Quindi il concetto di tentazione è una delle cose contro cui lottiamo, e la tentazione è ovviamente la tentazione del Lato Oscuro. Uno dei temi del film è che i signori Sith, quando sono emersi migliaia di anni fa, hanno abbracciato il Lato Oscuro. Erano avidi ed egocentrici e ognuno di loro voleva prendere il sopravvento, così si uccisero a vicenda. Alla fine ne rimase solo uno, che prese con sé un apprendista. E per migliaia di anni il maestro avrebbe insegnato all’apprendista: il maestro sarebbe morto, l’apprendista avrebbe poi insegnato un altro apprendista, diventando il maestro e così via.“
Non si può discutere di Forza senza parlare di Equilibrio. Esso significa che le forze in gioco sono uguali e se vogliamo escludere per un momento il contesto scientifico, possiamo tirare in ballo il manicheismo, ovvero la religione che predicava un perfetto dualismo cosmologico formato tra bene e male, in forze ugualmente opposte.
Un equilibrio che in realtà tanto equilibrato non è.
I manichei “credevano nell’idea di due forze indipendenti e opposte del bene e del male, le quali avevano scarso controllo l’una sull’altra. Di conseguenza tutti gli esseri viventi sotto il loro controllo sarebbero stati attirati, in una direzione o nell’altra”. Una frase che sembra riassumere l’intera saga di Star Wars, vero? Certamente La Forza illustra questo dualismo in competizione attraverso il lato chiaro e il lato oscuro, dato che sono forze uguali e opposte, e rappresentano sia il bene che il male. E mentre George Lucas potrebbe tranquillamente sostenere che l’equilibrio sia stato raggiunto alla fine dell’episodio VI, personaggi come Yoda risponderebbero con “pensato bene io ho, Lucas George invece no.”
Il problema è che la struttura narrativa in Star Wars cerca di fare due cose contraddittorie. Da un lato, la narrazione vuole che gli eroi vincano. D’altra parte, la narrazione vuole che la Forza sia bilanciata e questo è ciò di cui parla la profezia del prescelto. Quindi, il problema del male rimane un paradosso irrisolto, che si complica ulteriormente quando si cerca di spiegare la struttura narrativa del monomito: ovvero la formula del protagonista contro l’antagonista (nota anche come Il viaggio dell’eroe scritta dal mitologo Joseph Campbell).
Il monomito.
Come suggerisce Campbell, il monomito (che nella sua forma più completa ha diciassette stadi) è essenzialmente quello di cui parla qualsiasi storia. Essendo esso diventato l’archetipo base della letteratura moderna: un eroe riluttante accetta una chiamata all’avventura, passa attraverso varie difficoltà, riunisce una banda di alleati, supera un grande perdita (morte del mentore) che fungerà come momento di crescita personale e torna a casa con un premio inteso come trasformazione se paragonata all’inizio del viaggio.
Tuttavia, mentre queste fasi possono destrutturare la maggior parte delle narrazioni (e creare molti stereotipi, archetipi e cliché), la bellezza del monomito è che c’è una varietà infinita di come tutto si svolge, da qui il titolo del libro di Campbell L’eroe dai mille volti. Pertanto, il monomito è sia l’organizzazione di una storia sia uno strumento per analizzarla, non solo come viene impiegata la struttura, ma cosa potrebbe significare la struttura stessa, specialmente per quanto riguarda gli eroi e i cattivi.

Tornando a Star Wars , il paradosso che abbiamo identificato rimane irrisolto perché il monomito impone necessariamente che gli eroi debbano necessariamente sconfiggere i cattivi, che il bene debba trionfare sul male (come del resto accade anche in Episodio IX). In uno scontro a punti tutto questo non sarebbe bilanciato, quindi La Forza rimane (e rimarrà sempre) disturbata.
Questo perché il conflitto è parte integrante della narrazione all’interno del vasto mondo di Star Wars, senza di esso non si può andare da nessuna parte. È il conflitto che pone i personaggi di fronte alle scelte difficili, di fronte alle dissonanze tra i loro desideri e i loro bisogni. Tutto questo non conduce affatto ad un equilibrio, semmai può condurre ad una nuova armonizzazione, causata dallo scontro fatale che porrà fine non solo al conflitto primordiale tra Bene e Male, ma anche a tutti gli altri.
Ma alla fine di Episodio IX…
Anche se il finale della trilogia sequel ha ricevute critiche rabbiose, scontentando sia il fandom delle vecchie trilogie sia i fan del nuovo ciclo. Personalmente considerando soprattutto la chiusura di una saga, la Saga Degli Skywalker, la reputo la scelta più sensata in ottica della ricerca dell’equilibrio della Forza. Posso criticare il percorso ma non la meta finale.
Alla fine di episodio IX il Lato Oscuro verrà nuovamente sconfitto. L’Imperatore Palpatine, da sempre il grande architetto della distruzione, muore per mano di un Jedi, la quale poco prima apparentemente sconfitta, implora i Jedi venuti prima di lei a sostenerla.
A quel punto gli echi dei Jedi incoraggiano Rey, spronandola ad alzarsi e affrontare l’Imperatore, per mettere fine una volta per tutte al dominio dei Sith, riportando quindi un nuovo equilibrio. Ma se alla fine vince di nuovo il bene, tutto il discorso fatto non avrebbe senso, perché la bilancia penderebbe sempre da un lato.

Finalmente un equilibrio?
Sebbene Rey sia un Jedi e quindi un giocatore della scacchiera dei buoni, rimane pur sempre una Palpatine e dentro di se avrà sempre quei sentimenti contrastanti che un Jedi dovrebbe privarsene. L’idea che esista qualcosa a metà strada tra il bene ed il male, tra la luce e le tenebre, tra i Jedi ed i Sith, rimane qualcosa di molto affascinante. Possiamo utilizzare il termine di Jedi Grigio, mai stato canonizzato e che oggi rappresenterebbe ancora un tabù. Il percorso finale che ha reso Rey un Jedi va in contrasto con tutte le leggi dell’Ordine Jedi ed il colore giallo della spada sembrerebbe un chiaro rimando a tutta quella parte di letteratura appartenente all’universo espanso (non canonico).
A conti fatti Rey è l’ultima depositaria e custode della Forza rimasta all’interno del defunto Ordine Jedi, ma allo stesso tempo si è mossa in quella zona d’ombra (grigia), linea sottile che divide la luce dall’oscurità. Grazie a quel utilizzo della Forza che ne sottolinea l’avvenuto “equilibrio”, riesce a trovare la risposta alle domande sul suo passato. Il giallo quindi, caratteristica mai vista nei film di Star Wars, diventa profondamente simbolico: si tratta finalmente di una manifestazione dell’equilibrio della Forza, raggiunto finalmente dopo ben 42 anni e 9 pellicole cinematografiche.
Questo è un articolo editoriale.
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